È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

Nove marzo duemilaventi, Mariangela Gualtieri

 

Il momento di fermarsi doveva arrivare, per tutt*, per comprendere questo essere insieme, questo essere tutto.
Qualche giorno fa Rocco Ronchi, sempre su doppiozero, scriveva “Con la forza oggettiva del trauma, il virus mostra che il tutto è sempre implicato nella parte, che ‘tutto è in qualche modo in tutto’ e che non ci sono nell’impero della natura regioni autonome che facciano eccezione.”. Questo pensiero mi ha ricordato la preghiera che si trova nelle Upaniṣad, conosciuta nella forma del mantra

Ōm pūrṇam adaḥ, pūrṇam idam, pūrṇāt pūrṇam udacyate |
pūrṇasya pūrṇam ādāya pūrṇam evāvaśiṣyate ||

che più o meno invoca lo stesso tipo di comunanza: “quello è il Tutto, e questo pure è il Tutto. Poiché solo il Tutto nasce dal Tutto e anche se il Tutto viene sottratto al Tutto, ecco, ciò che rimane è il Tutto.”

Allora forse oggi abbiamo la possibilità di sperimentare davvero la pratica dello Yoga, lontani dalla Shala, dal conforto dello spazio ricavato per noi, dalla guida dell’insegnante. Allora oggi forse abbiamo la possibilità di sperimentare se la pratica ha radicato in noi in qualche modo, qualunque modo. Che sia l’attendere il caffè su un piede solo, che sia la pratica di śanmukhi mudrā quando la testa è piena, che sia il preparare una zuppa nella pentola di coccio, con pazienza e con amore.
Davvero forse non importa il cosa, importa il come. L’attitudine con cui facciamo le cose. In questi giorni “sospesi” più che mai.

Quante volte lo abbiamo ripetuto a lezione? Quante volte abbiamo provato a ribaltare la pratica fisica per provare a trasporla nell’attitudine a fare. Questo anche il senso del lavoro con Silvia Patrizio sul testo di Yogasūtra: vediamo le nostre abitudini? Cerchiamo di cambiarle. Almeno oggi non potremo dire che non abbiamo il tempo.

Poi, certo, qualche stiramento, qualche torsioncina, qualche allungamento… srotolare il tappetino a casa da sol* è difficile, vero? Ma di quale tappetino stiamo parlando?
Esploriamo nuovi “tappetini”, nuovi modi per abitare la pratica, per trasformala e lasciarci trasformare. Comprendere il senso di quanto sperimentato in questi mesi, anni, e dargli una nuova forma. Siamo stati fortunati e fortunate in questi anni, ci siamo ricavate uno spazio tutto per noi per nutrirci. Ed è ora che quelle esperienze e quegli insegnamenti trovino la strada per il sole, come tante volte abbiamo detto durante la pratica del Sankalpa di fine anno, ricordate?

Lo Yoga è un bagaglio leggero da portare in viaggio, non lasciamoci scoraggiare. Ci siamo preparati e preparate per anni a questo momento di lontananza forzata, di silenzio. Di ascolto e di attesa.

Lasciamo fruttare quanto abbiamo coltivato con cura.

Manuela

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